Insufficienza cardiaca, Entresto, la combinazione di Sacubitril e Valsartan, prolunga la vita


In Italia, lo scompenso cardiaco colpisce oltre 1 milione di persone; questo numero è destinato a crescere inesorabilmente con l'invecchiamento della popolazione.
Se si esclude il parto, è la prima causa di ricovero con circa 190mila ospedalizzazioni all'anno.

Un nuovo farmaco, Entresto ( combinazione di Sacubitril e Valsartan ) riduce la mortalità cardiovascolare del 20% allungando la vita dei malati di un anno e 3 mesi in media.

L'associazione Sacubitril e Valsartan è il capostipite di una nuova famiglia di medicinali, ARNI.

PARADIGM-HF, pubblicato nell'agosto 2014 su The New England Journal of Medicine, è stato il primo a dimostrare la possibilità di ridurre la mortalità per scompenso cardiaco a 15 anni di distanza dagli ultimi due studi che ci erano riusciti e che riguardavano beta-bloccanti e antialdosteronici.

La combinazione Sacubitril e Valsartan, agisce con un doppio meccanismo inedito: alla vasodilatazione e al calo pressorio prodotti dal Valsartan, un inibitore del recettore di tipo 1 dell'angiotensina II, si unisce l'effetto di Sacubitril, inibitore di un enzima, la neprilisina, che degrada alcuni ormoni fabbricati dal muscolo cardiaco per ridurre la pressione arteriosa e favorire l'eliminazione del sodio attraverso le urine.
La combinazione aiuta il cuore nella sua duplice funzione, quella di pompa e quella di ghiandola, inaugurando un nuovo paradigma: se prima si agiva solo inibendo il sistema simpatico con i beta-bloccanti e il sistema renina-angiotensina con Ace-inibitori, sartani e antialdosteronici, adesso si va anche a potenziare il sistema neuro-ormonale dei peptidi natriuretici.
Da una inibizione neuro-ormonale si passa a una modulazione neuro-ormonale.

Entresto ora indicato nel 30-40% dei pazienti con scompenso cardiaco, nel giro di 2-3 anni andrà a sostituire completamente gli Ace-inibitori e i sartani.

Dallo studio PARADIGM-HF, condotto su oltre 8.400 malati, non è emerso solo un aumento della sopravvivenza, ma anche una migliore qualità di vita in termini di riduzione delle riospedalizzazioni, con un -21% di ricoveri per scompenso cardiaco.

L'ospedalizzazione per scompenso cardiaco è correlata alla sopravvivenza. Per un paziente con scompenso cardiaco subire una ospedalizzazione significa avere una aspettativa di vita di 2.4 anni, mentre con due ospedalizzazioni la prognosi si dimezza a 1.2 anni.
Inoltre, il paziente si sente meglio perché diventa più attivo, più dinamico. I suoi parenti si accorgono che cambia, anche nell'umore e nella prontezza cognitiva, perché in questi malati c'è un decadimento causato dal fatto che il cuore non pompa abbastanza sangue al cervello. ( Xagena_2017 )

Fonte: Novartis, 2017

Xagena_Medicina_2017